Coronavirus: perché anche la bici deve andare in quarantena

Facciamo chiarezza in una situazione che è apparsa subito un po’ confusa

Il periodo è confuso, lo sappiamo. Si è detto tutto e il contrario di tutto sulla possibilità in tempi di Coronavirus di uscire a praticare il nostro sport preferito, che ha un vantaggio: quello di poter essere praticato in solitudine e in posti isolati. Questa è stata la motivazione che ha spinto tante persone ad uscire nonostante i divieti imposti dalle autorità. A torto, a ragione?

In questo periodo c’è ancorala necessità di chiarire perché anche la nostra bici deve essere messa in quarantena. Secondo il DCPM (Decreto) dell’8 marzo e poi l’ultimo dell’11 marzo, che lo ha esteso a tutto il territorio, bisogna evitare ogni spostamento delle persone fisiche, salvo per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità, ovvero spostamenti per motivi di salute. Il decreto non cita nessun obbligo, nessuna limitazione affettiva della libertà personale, ma esorta ad “evitare”, salvo poi autorizzare le Forze dell’Ordine ad applicare sanzioni di tipo penale ai chi contravviene a questo invito. E qui entra in gioco il buon senso.

Mettersi in bici per un motivo di puro svago equivale a lasciare la propria abitazione senza un giustificato motivo, spostandosi senza un comprovato motivo di necessità, mettendo in pericolo se stessi e gli altri. Lo spirito del DPCM è triplice: evitare ogni potenziale situazione di contagio, evitare il collasso del sistema sanitario e tutelare la salute personale.


Direte: un’uscita solitaria per boschi non costituisce pericolo di contagio. Vero. Però costituisce un pericolo per il sistema sanitario.
 
Inutile girarci intorno, la MTB è uno sport ad alto potenziale di infortunio. Se cadete e vi fate male, aggiungete un ulteriore tassello di criticità ad un sistema sanitario già al collasso. Anche se vi rompete un dito, un braccio o una gamba. E poi, in ultima analisi, serve anche a proteggere il ciclista che in seguito ad un’uscita, e quindi ad uno sforzo prolungato, abbasserebbe le sue difese immunitarie.
 

Non esistono scappatoie e il nostro senso civico deve essere più forte della voglia di andare in bici.


 
Anche la FCI ha diramato nei giorni scorsi un comunicato per sciogliere ogni dubbio. Eccolo:
Consapevole della necessità di limitare, in questo momento, il più possibile i contatti delle persone, cause primaria di diffusione diffondersi dell’epidemia COVID-19, in risposta a numerose richieste su come comportarsi riguardo gli allenamenti, la Federazione Ciclistica Italiana fa proprio l’invito rivolto dalle Istituzioni di ridurre gli spostamenti a quelli strettamente necessari e pertanto invita tutti i propri tesserati a stare a casa ed evitare, in questo periodo, gli allenamenti all’aperto. Restare a casa è l’unica soluzione per contenere il contagio; si suggerisce con forza di adottare questa linea di comportamento. L’attività di allenamento, sino al 3 aprile, è permessa a chi ha lo status di professionista, perché fa parte del proprio lavoro, e agli atleti di interesse olimpico. In tutti gli altri casi la Federazione invita a sospendere in questo periodo di allenamenti all’aperto. Chi può si alleni a casa con i rulli, in attesa di nuove disposizione e in attesa che la situazione si normalizzi”.
È il momento della responsabilità – ha ricordato il presidente Di Rocco – in questa importante fase del nostro Paese devono prevalere il buonsenso e il rispetto degli altri; elementi fondamentali nel consesso civile e soprattutto nello sport. Pertanto il nostro invito e quello di restare a casa”.
 
Approfittatene per fare quello spurgo che rimandate da tempo, per oliare la catena, regolare il cambio…insomma, fare quella piccola manutenzione che rimandate da tempo.
 

Noi di MTBTECH #RESTIAMOACASA

E voi?


 
 
Testo: Marco Trabucchi
Foto: Matteo Pedrech
 
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