DOWNCOUNTRY, nuova moda o reale necessità?

Si parla spesso di come sia cambiato nel tempo il cross country, la disciplina olimpica nata agli esordi di questo magnifico modo di intendere le biciclette come strumenti per affrontare le strade sterrate. Il cross country è da sempre stata la specialità che ha attirato la maggior parte degli appassionati per vari motivi, in primis la possibilità di poter praticare la propria passione dappertutto, anche nei sentieri dietro casa.

Eppure l’evoluzione va avanti anche quando sembra aver raggiunto la massima espressione della tecnica, tanto che le nuove mountain bike non solo sono migliori delle precedenti in termini di prestazioni in gara, ma anche per affrontare le uscite domenicali con gli amici delle ruote grasse. Negli ultimi mesi poi è subentrato il termine downcountry.

Ma cosa sono realmente le mountain bike da downcountry? Potranno mai soppiantare le classiche mountain bike da cross country?

Modelli XC front e downcountry di Lapierre a confronto.

LA NASCITA

Ve le ricordate le mountain bike anni ’90? Telaio in acciaio, freni v-brake, ruote rigorosamente da 26 pollici e appendici al manubrio. Erano biciclette molto povere e grezze rispetto alle attuali, dai freni v-brake si è passati con il tempo ai dischi, le ruote da 26 pollici hanno lasciato il posto alle 27.5 e poi alle 29, le forcelle a elastomeri sono state soppiantate da ammortizzatori ad aria pluri-regolabili.

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Per non parlare dei telai che hanno rimpiazzato l’acciaio per passare all’alluminio e poi adottare materiali compositi come il carbonio, per essere più leggeri e performanti. Di pari passo sono cambiati i percorsi nei quali si utilizzavano le mountain bike. Tra fine anni ’90 e primi 2000 era consuetudine affrontare gare che comprendevano strade forestali, zig-zag tra i vigneti, fettucciati su prati, ma anche tratti asfaltati. Le mountain bike front dell’epoca andavano molto bene per quel tipo di percorsi, le geometrie erano ideali per le fasi pedalate e le discese non erano troppo ostiche.

Nell’ultimo decennio c’è stata un’importante virata nel mondo del cross country, complice lo sviluppo di discipline discesistiche spettacolari come l’enduro e il downhill. Le competizioni hanno visto l’introduzione di tratti sempre più tecnici da affrontare sia in salita che in discesa. Abbiamo iniziato a vedere i primi rock garden, drop, tronchi da saltare, curve paraboliche e altre situazioni che hanno incrementato non di poco la spettacolarità delle gare. Con l’intento di aumentare la spettacolarità, anche la lunghezza complessiva dei percorsi è variata, accorciandosi quasi del 50% rispetto a quelli del decennio precedente.

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Canyon ha rinnovato la gamma LUX inserendo la versione Trail, con maggior escursione e reggisella telescopico di serie.

Fino ad arrivare ai giorni nostri nei quali vediamo discese che fino a qualche anno fa erano affrontabili solamente con mountain bike da enduro, salite con passaggi quasi trialistici e single track per la quasi totalità del percorso.

Il cross country è cambiato, si è evoluto, e di pari passo le biciclette presentano nuove caratteristiche.

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COME RICONOSCERLE

Grazie soprattutto alla spinta agonistica le nuove biciclette biammortizzate da cross country sono molto distanti dalle precedenti, ora devono riuscire ad affrontare discese degne di una gara di enduro, devono arrampicarsi su salite tecniche, devono affrontare passaggi su rocce, salti, ma allo stesso tempo essere leggere, reattive e comode in pedalata. Impossibile?

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La Scott SPARK RC è un esempio di downcountry moderna.

Le downcountry sono l’ultima evoluzione che parte dalla base del cross country moderno: telai biammortizzati con escursioni che salgono dai classici 90-100 millimetri di qualche anno fa, fino a toccare i 110-120 millimetri attuali, totalmente bloccabili tramite comandi remoti a manubrio o sistemi elettronici. Il materiale principale rimane la fibra di carbonio, in grado di garantire leggerezza e performance altissime anche in termini di rigidità. Osserviamo ad esempio come si è evoluta la Scott Spark negli anni, ma come lei troviamo molti altri esempi, come la Specialized Epic, la Trek Top Fuel o la Cannondale Scalpel con la versione SE.

La Cannondale SCALPEL SE, una delle prime interpreti del fenomeno downcountry.

Innanzitutto sono cambiate le geometrie dei telai, c’è stata l’apertura dell’angolo sterzo che ora arriva a toccare i 66.5° nei modelli più spinti, e più in generale le geometrie hanno avuto uno sviluppo “long, low and slack” -come si dice in gergo- per intendere telai più lunghi, bassi e dallo sterzo più aperto. Alcuni brand hanno realizzato telai innovativi riuscendo a verticalizzare ancor di più il piantone sella, pur mantenendo i foderi di una lunghezza ragionevole, aumentando il reach e accorciando l’attacco manubrio per una guida più reattiva e proficua. Con le downcountry abbiamo visto la comparsa dei primi reggisella telescopici, seppur dalla corsa ridotta per limitare l’aggravio di peso, che oltre a migliorarne le performance in discesa garantiscono anche più sicurezza in tutte le situazioni di guida.

La Transition SPUR è una downcountry dalle geometrie molto spinte.

Oltre a ciò è aumentata la sezione degli pneumatici, ora si utilizzano gomme mediamente da 2.3 pollici di larghezza, più comode e dal grip maggiore, dotate di battistrada specifici e migliori anche in termini di scorrevolezza. Allo stesso tempo sono aumentati i diametri dei dichi freno e anche la larghezza del manubrio, quest’ultima toccando quota 740 millimetri migliora considerevolmente il controllo della bici nelle discese più tecniche e in salto.

QUINDI, DOWNCOUNTRY PER TUTTI?

Le downcountry sono nate grazie alla progressiva evoluzione dei tracciati di gara, sono diventate la rivisitazione delle cross country, in chiave moderna, più sicura e più performante. Sono state apprezzate fin da subito anche dai biker medi, da chi esce a pedalare con gli amici e non vuole rinunciare alle gare domenicali, per gli indiscutibili miglioramenti che stanno portando al modo di guidare la bicicletta e di affrontare i percorsi.

Alcuni atleti del team KTM Protek Elettrosystem utilizzano la SCARP MT, modello da downcountry con maggiore escursione rispetto alla SCARP.

Innanzitutto una mountain bike da downcountry porta a un miglioramento generale delle prestazioni, sia in salita ma soprattutto in discesa. Affrontare le salite con copertoni più larghi equivale ad aver maggior impronta a terra e quindi maggior grip, inoltre la sospensione posteriore aiuta a copiare le difformità del terreno. Allo stesso modo in discesa risulta essere una bicicletta più sicura da guidare, meno impuntata sull’anteriore e con più escursione per meglio assorbire i salti, le rocce e gli ostacoli di vario genere che normalmente si incontrano fuoristrada. Qui entra in gioco il reggisella telescopico che permette una guida molto più attiva e dinamica, oltre a rendere la postura in sella molto più sicura. Ricordate fino a qualche anno fa che fuorisella si era costretti a fare in discesa?

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Nei tratti asfaltati o in presenza di fondo molto compatto è possibile bloccare l’affondamento delle sospensioni grazie ai comandi remoti posti al manubrio. Solitamente c’è un unico comando, meccanico o elettronico, che blocca e sblocca entrambe le unità ammortizzanti. In questo modo sono garantite le performance anche durante gli scatti, le accelerazioni e le volate.

Le downcountry hanno quindi aperto nuovi orizzonti agli appassionati, dando la possibilità di affrontare trail fin prima impossibili da prendere in considerazione se troppo spinti per le biciclette in uso, facendo riscoprire nuove frontiere e nuovi panorami. Stanno dando sfogo agli amanti delle discese e stanno permettendo un sospiro di sollievo a chi invece le discese le teme. E lasciatecelo dire: non è marketing. Le mountain bike da downcountry sono la risposta tecnico-scientifica alle esigenze dei nuovi biker.

La prossima bici sarà quindi una downcountry? Credo proprio di sì.

Testo: Matteo Pedrech
Foto: archivio Mtbtech

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